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Ho deciso! Vado a vivere in Irlanda


«…compiuti cinquant’anni, ho pensato “Ora o mai più!”. Ho licenziato tutti i dipendenti, chiuso l’attività,… gli ho detto: Vado a vivere in Irlanda. E sono venuto qui».

Il locale era piccolo ma accogliente, l’aroma intenso, e il faccione tondo di Tullio, rassicuranti. Il profumo del caffè, ci venne incontro col suo sorriso, avvolgendoci in un abbraccio che sapeva di familiare.

Stanchi e affamati, dopo una giornata passata a perlustrare in lungo e in largo la vicina Dublino, avevamo accolto quelle gocce di pioggia che cominciavano a scendere dal cielo, come una liberazione dalla sofferenza.

Il rumore dei cucchiaini che sbattevano nelle chicchere ci mise subito di buonumore, sgonfiando i piedi e rilassando i muscoli legnosi delle gambe. La voglia di un buon cappuccino, ci assalì ancor prima di sederci al tavolo. Presi dalla voglia di strafare, ordinammo anche due pasticcini.

Con la convinzione supportata dalla speranza che fuori diluviasse, ci concedemmo qualche minuto di benessere cerebrale, staccando la spina ai circuiti neuronali. Uno strano torpore si era impossessato di noi,appannando riflessi e rallentando ogni possibile movimento.

Con la reflex tra le mani, scorrevo lentamente sul display le foto fatte a Temple Bar qualche giorno prima, per confrontarle con quelle della mattina. Irene, si aggiornava sulle ultime news della famiglia,connettendosi col wi fi al gruppo whatsapp.

La sirena di un’ambulanza, prendendomi per la collottola, mi strappò violentemente a quel momento di sonno vigile. Mosso dall’istinto, girandomi verso la vetrata che dava sulla strada, notai che era completamente asciutta. Forse, pensai, eravamo soltanto stanchi.

«Andiamo a pagare direttamente alla cassa, così facciamo prima». Suggerì Irene, con senso pratico.

«Ciao ragazzi, siete Italiano vero?» Ci chiede nella nostra lingua, l’uomo col faccione tondo.

«Si perché?» Mi meraviglio «Gli Italiani pagano di più?» Azzardo,avvezzo a queste genere di gentilezze verso i turisti.

«No…»Ridacchia lui «Caso mai il contrario. Sarebbero nove euro e cinquanta, ma va bene sette»

«Ecco qua. Cinque e due, sette. Grazie! Il cappuccino era molto buono» Lo gratifico «Si vede che sei Italiano. Sei qui da molto?»

«Tre anni» Mi dice laconico.

«Sei venuto qua per lavoro o per…?» Gli chiedo, indicando una donna che trafficava dietro di lui, con un impercettibile cenno del viso.

«No…» Ridacchia ancora. «Lei è Roberta, mia moglie. Siamo venuti insieme. Anzi, scappati!»

«Ah si? Come mai?» Lo interrogo, con lo spirito indomito della curiosità

«Non ce la facevo più! Eravamo venuti a fare un giro da queste parti, un anno prima. Un bel giorno, compiuti cinquant’anni, ho pensato “Ora o mai più!”. Ho licenziato tutti i dipendenti, chiuso l’attività, e raccolto stracci e famiglia sono venuto qui a Bray. “Vado a vivere in Irlanda”, gli dissi»

«Un bel coraggio» Faccio io

«Ne è valsa la pena» Mi dice serio, annuendo col capo. «Ero sempre sotto pressione, depresso, nervoso. Arrivato qui, è tutto finito. Questo paese ti mette le ali!»

«In che senso, scusa?» Gli domando, fingendo di non capire

«Sai quanto pago di tasse?» Mi dice in tono di sfida

«Il 40?» Azzardo

«12,50% Punto!» Mi dice, divertendosi ad osservare il mio stupore. «E sai quanto ho impiegato ad aprire l’attività? 24 ore! Trovato il locale,ho fatto una domandina e mi hanno detto “Ok comincia pure!”. In una settimana ho messo a posto il locale e iniziato a lavorare»

«Fantastico!» Commentavo con gli occhi sgranati, incoraggiandolo a parlare.

«Sai come funziona per l’iva da versare?» Mi chiede, senza aspettare risposta «Quando ho cominciato mi hanno fatto compilare un modulo dove mi chiedevano se volevo pagarla ogni mese, ogni due, tre, 6, o una volta all’anno! E se una volta, ti dimentichi, o non puoi…Niente! La paghi la volta dopo, senza sanzioni e senza aggiungere nient’altro!» Mi racconta, stentando a credere lui stesso, che potesse essere vero.

«Dai! Non ci credo!» Gli do corda, per spingerlo a dirmi di più.

«Silvia si è già laureata in architettura in una università privata; pagava meno che in Italia nella pubblica! Enrico, segue il conservatorio e suona la batteria. Stiamo tutti bene. Ognuno di noi fa quello che avrebbe sempre voluto fare. Siamo rinati». Mi dice con gli occhi che brillano. «E voi di dove siete?»

«Alghero, Sardegna» Preciso, col timore che non la conoscesse.

«Bel posto!» Mi dice subito. «Peccato sia gestita dall’Italia. Sai» Continua «l’Irlanda fino a poco più di una ventina d’anni fa, era tipo la Sardegna: bella e povera. Con più pecore che persone, i pascoli verdi, e il mare intorno» Mi guarda e mi sorride. Io annuisco e lo invito a continuare. «Poi la svolta. Il governo dell’epoca decise di abbassare le tasse per le imprese al 12,50%, mantenendo invariate quelle dei salariati o addirittura aumentandole per poter pagare i servizi. Da quel momento è cominciato un circolo virtuoso che non si è più fermato. Le imprese locali hanno cominciato a investire. A ruota, le multinazionali, allettate anche dalla lingua inglese, hanno preso a trasferire le loro sedi con al seguito centinaia di dipendenti ciascuno. Risultato: la disoccupazione è scesa, il PIL è aumentato e il benessere si è diffuso. Anche fra le pecore…» Aggiunge ridacchiando, prima che decidessi di salutarlo.

Usciti dal suo locale “Gusto Italiano” col palato in estasi per il buon cappuccino, abbiamo camminato a piedi sotto il cielo livido di Bray, con la testa china. I suoi occhi luccicanti, mi erano rimasti appiccicati ovunque. Il suo sorriso continuava a farsi strada nei miei pensieri.

A cinquant’anni, ha trovato il coraggio di rischiare, rimettersi in gioco completamente. Ha puntato tutto quello che aveva. E ha vinto.

© Antonello Bombagi

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