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Nina e la favola triste

Quando Nina arrivò in Sardegna i suoi grandi occhi verdi erano tornati dolci; come da bambina. Nella valigia che portò con se aveva messo solo poche cose e di scarso valore; quelle importanti, le aveva riposte nel cuore. E oltre all’amore per quell’uomo, che l’aveva strappata alla paura e alla miseria, c’era l’intera speranza di una donna a cui la vita, fino a quel momento, aveva rubato quasi tutto. L’infanzia, la dignità, la famiglia.

Dalla Colombia a Cuba

Veniva dall’altopiano della Colombia, ma Adriano l’aveva conosciuto a Cuba. In quella strada dove lavorava per guadagnarsi da vivere.

Il papà e la mamma erano stati uccisi per non aver accettato di piantare coca al posto del caffè. E lei ora non voleva fare la stessa fine. Fu così che si ritrovò a scappare dalla sua terra e dai narco-trafficanti, arrivando a piedi e con mezzi di fortuna fino a Cartagena. Da lì, si era subito imbarcata per l’isola di Castro, nella speranza che aldilà del mare avrebbe potuto ricominciare a vivere.

Nina sognava di vivere libera, ma impiegò solo pochi giorni per capire che restare in vita in una Cuba così povera, frequentata da turisti ricchi e viziati, non era affatto facile. E per chi come lei era sola e senza soldi, ma giovane e bella, la via obbligata era quella della strada.

Con quei capelli lunghi e neri, gli occhi verdi che brillavano, ogni forma al posto giusto e la freschezza dei suoi diciassette anni, non passava inosservata. Una “jinetera” anziana la prese in simpatia e la iniziò a quell’arte antica. Le insegnò i trucchi del mestiere, condiviso da altre migliaia di giovani ragazze Cubane.

Ognuna di loro aveva un esigenza diversa per vendersi, ma la speranza di fondo, comune a molte, era che qualcuno di quei turisti danarosi se ne innamorasse e le portasse via dalla miseria. Molte ci riuscivano, si sposavano, e partivano per una nuova terra; una nuova vita.

La terra promessa

La terra promessa di Nina fu Adriano. Quando lui le chiese di sposarlo e seguirlo ad Olbia, in Sardegna, pensò che era fatta; che avrebbe potuto ricominciare a vivere normalmente. Con un uomo al fianco, una casa, una famiglia e una serenità ritrovata. Senza più bisogno di vendere il suo corpo per pagare l’affitto e comprarsi da mangiare.

Lui aveva una impresa di costruzioni, stava bene, non le avrebbe fatto mancare nulla. E anche se non era particolarmente bello, sembrava buono e premuroso; gentile; al limite del servizievole; e questo la faceva sentire importante. Così quando ancora non aveva compiuto vent’anni, cambiò isola e mondo, in compagnia di quel ragazzone, con le mani grosse e il faccione tondo, un po’ paonazzo.

Nemmeno questa volta però fu semplice come pensava. Sulle prime pareva andasse tutto bene, e pazienza che la casa non fosse proprio a Olbia, ma in un paesello nelle sue vicinanze; il vero problema fu che ci arrivò nel momento sbagliato. Era il 2008 e la crisi fece presto a mangiarsi la piccola impresa di Adriano, con tutti i suoi soldi.

Aveva bluffato per fare colpo su di lei e adesso si trovava in grande difficoltà. Purtroppo come spesso accade, nei momenti difficili viene fuori la parte più vera delle persone e quella di Adriano si rivelò debole e vigliacca. Senza l’umiltà e la forza necessarie per affrontare i problemi, ma con la frustrazione che esplodeva in sopraffazione degli inermi.

I primi segnali

Tempo due anni, i creditori chiesero il suo fallimento; le banche gli presero tutto e lui fu costretto a cambiare aria. Arrivarono ad Alghero, dove aveva qualche conoscenza; che tuttavia non servì a fargli trovare né un lavoro stabile né a ritrovare la lucidità compromessa dall’alcool e dalla situazione.

Nina era l’unica cosa rimastagli e a lei si aggrappava disperatamente. Di giorno in giorno, diventava sempre più geloso, possessivo, rabbioso. Il terrore di perderla era diventata un ossessione che gli bucava il cervello.

Dopo le prime botte Nina sarebbe già scappata via; ancora una volta. Ma come prima, era sola, senza un lavoro, senza soldi, ed in più segregata in casa. Lui non voleva che uscisse e se ci provava la riempiva di colpi, nella convinzione che volesse andare con altri uomini. In fondo per lui era, e sempre lo sarebbe stata, una piccola puttanella.

La sua vita diventò un inferno; senza fine. I suoi occhioni verdi non brillavano più e il volto era stabilmente tumefatto dalla ignorante follia di quello che era diventato il suo peggior aguzzino. Uno squilibrio mentale che non si fermava più davanti a nulla; nemmeno alla gravidanza. E anche allora, nella convinzione che fosse frutto di qualcun altro, la riempì di botte fino a provocarle un aborto spontaneo.

Una via per la libertà

Un anno dopo però, fu lui ad essere ricoverato in ospedale per le fratture riportate in un incidente d’auto. Guidava ubriaco, gli tolsero la patente e rimase in clinica per più di un mese. E fu durante quella degenza che Nina conobbe un medico che promise di cambiarle la vita.

Avrebbe dovuto accogliere dentro di sé, il seme di un anonimo signore, portare avanti la gravidanza, e infine consegnare il bimbo alla coppia “legittima proprietaria”. Una facoltosa coppia Inglese, innamorati di Alghero e dei bambini, che non potevano avere. In cambio, una casa in cui rifugiarsi nel “durante” e tanti soldi per il “dopo”. Per andare via.

Sembrava la soluzione perfetta, facile come bere un bicchier d’acqua. Fece recapitare una lettera ad Adriano in cui gli spiegava che non poteva più vivere in quel modo e che sarebbe tornata al suo paese, il giorno stesso. Gli augurò di rimettersi in salute e di dimenticarla per sempre.

Contattato il medico, si fece inseminare e andò a vivere nella casa Algherese dei coniugi Inglesi.

Tragico destino

Guardata a vista, servita e riverita come una principessa, Nina cominciò a rifiorire e a ritrovare gusto per la vita. Iniziò anche a prendere confidenza con le sue nuove forme e con quell’esserino che cercava già di attirare le sue attenzioni. Ci parlava, lo coccolava, cercava di immaginare come sarebbe stato. Le sembrava tutto così bello e già progettava di rifare subito quell’esperienza, ma questa volta per tenere il bimbo tutto per se.

Purtroppo non ne ebbe il tempo. Una complicazione improvvisa durante il parto se la portò via a soli ventiquattro anni.

Il suo bimbo ora sta bene e gioca con la sua Tata, nel giardino di una villa sul mare di Brighton, perché la vita alla fine vince sempre, ma la storia di Nina purtroppo è una sconfitta per tutti.

La favola al contrario

Una favola al contrario: inizia bene, ma finisce male. Così come capita ancora a troppe donne dei nostri giorni.

Ammazzate, umiliate, offese, stuprate, picchiate, sfruttate, vendute, affittate; quasi mai apprezzate per quello che sono veramente. Uniche e quanto mai speciali, ma troppo spesso sole e impotenti di fronte alla imbarazzante imbecillità di alcuni maschi, che confondono l’amore con il possesso e i desideri con i diritti.

Antonello Bombagi © Tutti i diritti riservati

Note dell’autore: il nome Nina Serrano è un nome di fantasia
Foto: Tratta dal web

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