Decine di migliaia di visitatori in città al seguito del Giro d’Italia; servizi e riprese televisive, per un’esposizione mediatica senza precedenti. E Alghero prova a sconfiggere l’isolamento
Da pochi giorni, si sono spenti i riflettori sui due eventi di portata internazionale che ha visto Alghero al centro della scena. I campionati del mondo di tennis in carrozzina e l’edizione numero 100 del giro d’Italia. E se il primo, ha fatto il miracolo di cambiare la nostra percezione comune riguardo la disabilità; il secondo, ne ha sortito uno ancora più grande: ha ricompattato una comunità intera, intorno alla propria identità.
Una città, Alghero, che proprio nella sua peculiare identità, trova una grande forza attrattiva. Così unica e diversa, persino da ogni altra realtà isolana. E proprio intorno a questa identità, la comunità Algherese, si è ritrovata in un abbraccio straordinario. Un abbraccio comune, che è andato oltre ciò che era lecito immaginarsi. Lo abbiamo già scritto, in precedenti occasioni, ma la vera notizia, è proprio questa. Alghero, non solo si è riscoperta bella, ma soprattutto fiera. Una fierezza, derivata dal prender consapevolezza che questa unicità, può e deve diventare “valore aggiunto”.
“Avevo qualche giorno di vacanza e siccome sono appassionato di bicicletta, con mia moglie e alcuni amici, abbiamo deciso di venire in Sardegna per la partenza del Giro d’Italia – mi racconta Martin, un turista Danese di Copenaghen – Non ero mai venuto qui ad Alghero, ma ho scoperto un posto bellissimo e credo che ci tornerò appena possibile, per fermarmi un po’ di più e conoscere meglio questo angolo di mondo così speciale”.
Quando Martin me lo ha detto, la sera della presentazione del “Giro”, confesso che anch’io mi sono sentito fortemente orgoglioso di vivere qua. In questo angolo di mondo. Ma se lui ha pensato e parlato in un certo modo nei confronti di Alghero, significa che l’obiettivo, una volta tanto, è stato centrato in pieno. In fondo, aldilà della passione che ognuno di noi può avere o non avere nei confronti di ciò che viene allestito in città, l’organizzare eventi di questa portata internazionale, ha proprio il significato ultimo di mostrare al mondo le proprie bellezze, per far si che a qualcuno venga il desiderio di incontrarle e conoscerle meglio.
E questa volta, il merito va diviso equamente in tutta la comunità Algherese. Tutti quanti, infatti, hanno lavorato e contribuito al raggiungimento di questo importante risultato. A partire dall’amministrazione che si è prodigata come raramente ha saputo fare. Per proseguire poi, con la fondazione Alghero, che ha coinvolto anche lo stilista Antonio Marras. Fino ad arrivare ad ogni singolo cittadino, passando attraverso la collaborazione spontanea di artigiani e commercianti. Senza dimenticare, l’opera encomiabile delle squadre di manutenzione e pulizia.
Ciascuno, nel suo piccolo, insomma, ha provveduto a decorare e abbellire il proprio angolo di città. Che fosse un balcone, un giardino, un portone o un aiuola sul marciapiede. Non importa cosa, quel che conta è che ognuno, dentro di se, si è sentito in dovere di fare qualcosa. Di contribuire per quel che poteva. In un ritrovato orgoglio di appartenenza e fratellanza. Un bene prezioso che ora dovremo cercare di non disperdere, ma di mettere a frutto.
Come è comprensibile e immaginabile, ci sarà anche qualcuno, che urlerà comunque il suo disappunto, riguardo quanto fatto. Qualcuno che, probabilmente, si ritrova oggi, ad avere gli stessi problemi di ieri. E lungi da me il pensare che, come per magia, i problemi di Alghero possano essere tutti risolti. Tuttavia, sono portato a credere che la nostra comunità, così ripiegata su se stessa, negli ultimi anni, avesse bisogno di una simile iniezione di fiducia.
Da una buona pianta, non possono che arrivare buoni frutti. L’antica saggezza popolare e contadina, ripresa anche nella Bibbia, ci insegnava qualcosa del genere. Quanto successo nelle ultime settimane, allora, deve convincerci ancora di più che se il nostro albero, Alghero, è buono, i nostri frutti, non potranno essergli da meno. L’entusiasmo di chi è venuto a visitarci ne è la migliore testimonianza.
E da questa presa di coscienza deve nascere in noi la forza e il coraggio di osare. In ogni campo. Nel cinema, come nella scrittura; nella pittura, come nella musica; nell’intrattenimento come nel fare impresa. Ognuno nel suo, può e deve tirare fuori il suo talento. Senza timore e senza alcun pregiudizio negativo e limitante. Solo così potremo sconfiggere l’isolamento. Perché lui, nasce e si definisce là, dove noi stessi poniamo il nostro limite.
Antonio Marras, con una geniale intuizione, ha voluto stendere cento nastri rosa sul mare, verso l’orizzonte. In un ideale abbraccio a ciò che rappresenta da sempre questo nostro confine naturale. Ma, si sa, quella linea è immaginaria e quando noi ci muoviamo per andargli incontro e abbracciarla, in realtà essa si è già spostata più avanti. Con un grande e straordinario risultato, però: ci siamo mossi. Siamo andati oltre e scoperto un pezzo di mondo che prima, non conoscevamo. In due parole: siamo cresciuti.
Antonello Bombagi © Tutti i diritti riservati – bombagi.antonello@tiscali.it
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