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La sanità senza ragione della regione

Il manager della Sanità Sarda, Moirano, afferma che per Alghero due ospedali son troppi; ma nel frattempo migliaia di algheresi rinunciano a curarsi perché non se lo possono permettere. E la restante parte, ne farebbe volentieri a meno…

“Che ci siano due ospedali in una città come Alghero, con una popolazione di 50mila persone e un distretto di 75mila abitanti, è un’anomalia da superare”. Parola di Fulvio Moirano, direttore generale dell’Ats, l’Azienda unica per la Tutela della Salute in Sardegna, ex ASL. Lo dichiara senza pudore, a margine dell’incontro avuto con i sindaci del Distretto sanitario di Alghero, non più di qualche giorno fa. Un distretto vasto, che comprende i Comuni di Banari, Bessude, Bonnannaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Ittiri, Mara, Monteleone Rocca Doria, Olmedo, Padria, Pozzomaggiore, Putifigari, Romana, Semestene, Siligo, Thiesi, Torralba, Uri e Villanova Monteleone.

“Bisogna migliorare le strutture e fare qualche scelta su cosa fa l’ospedale marino e cosa fa l’ospedale civile”, afferma ancora il general manager, che allarga poi lo sguardo ad un panorama più complessivo: “La sanità sarda spende 3 miliardi e 300 milioni, anziché 3 miliardi; se la Sardegna non fosse una Regione a Statuto speciale, avrebbero imposto il piano di rientro già da un po’ di lustri”. Per concludere, infine, sentenziando: “La cosa grave è che a fronte di questa spesa, non siamo neanche tra i migliori performanti sugli aspetti qualitativi”.

E’ bastato contare fino a dieci, perché si scatenasse un putiferio. Non tanto per quell’ultima frase, tesa a rappresentare il paradosso del nostro sistema sanitario, piuttosto, forse, per tutto il resto. Le agenzie di stampa, tempestive a riportare le dichiarazioni del manager, non aggiungono nulla, a riguardo; ma le reazioni dei diretti interessati, i cittadini, si fanno subito sentire; e sono roventi. Ci deve pensare il sindaco di Alghero, Mario Bruno, dalla sua pagina facebook, a gettare acqua sul fuoco, invitando tutti a “non amplificare leggende metropolitane”; riferendo e precisando, poi, come le intenzioni di Moirano, non siano rivolte alla chiusura di alcun reparto, ma che anzi, si “è convinto del fatto che occorra una nuova struttura ad Alghero, che incorpori anche ortopedia”.

Eppure, nonostante il tentativo del sindaco di raffreddare gli animi, la polemica sul futuro della sanità Algherese, continua ad auto-alimentarsi. Forse, in virtù del fatto che, nonostante le buone intenzioni di tutti, comprese quelle dello stesso primo cittadino e del direttore Moirano, c’è qualcosa di sbagliato alla base del ragionamento che guida il sistema sanitario, prima nazionale, poi regionale, infine locale. Un qualcosa che svia, che porta lontano dall’obiettivo comune. Che poi, è quello sancito dalla Costituzione Italiana: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Chiunque abbia la sfortuna, di questi tempi, di doversi rivolgere ad una qualsiasi struttura della locale azienda sanitaria, sa bene, quanto siamo lontani, da ciò che i padri costituenti vollero stabilire con quella norma. Aldilà della professionalità del personale medico impiegato, su cui non discutiamo, assistiamo ad un degrado generale di tutto il sistema. Tempi biblici, per un banale esame specialistico; disorganizzazione ovunque; totale assenza di attenzione verso i più elementari bisogni dei pazienti; spese esorbitanti, che non tutti si possono permettere.

Difficile, in questo bailamme, capire quale sia il vero problema alla base dello sfascio, tuttavia crediamo che il problema sollevato da Moirano, debba essere l’ultimo dei nostri veri problemi. Non sentiamo alcun bisogno di un nuovo ospedale; non ci interessa che sia uno, solo mezzo, o forse due; ci interessa che quello che c’è, si prenda cura di noi. Semplicemente. E forse, allora, sarebbe meglio smetterla di parlare di ospedali, come se fossero acciaierie. Come se fossero delle comunissime aziende di produzione. Metalmeccaniche, manifatturiere o casearie; non fa differenza.

Da tempo, si continua a parlare di accorpamenti gestionali, risparmi strutturali, economie di scala, ma non una parola sui pazienti, che, invece, si aspettano di essere curati da qualcuno; sui malati, che, a buon diritto, sperano in una rapida guarigione. No; il dibattito si concentra su pareggio di bilancio e profitto. Ma nella sanità, non può esserci profitto! Perché sposta l’obiettivo: dal bene del paziente alla realizzazione di un guadagno. Come dire: dal giorno, alla notte. Ed ecco che, allora, diventa facile spiegarsi come mai per arrivare alla guarigione, un paziente qualunque, debba passare prima dall’ortopedico, poi in radiologia, poi ancora dall’ortopedico, poi, casomai, dal fisiatra e per finire, dal fisioterapista. Spesso, senza concludere nulla. Per non parlare di chi ha qualche cosa di più serio e complesso.

Il nostro triste e attuale destino è quello di essere una pratica. Un numero. O meglio: una prestazione. Siamo rimbalzati come un pacco, da un posto a un altro; da un ambulatorio a un altro. In un girandola infinita. In un sistema impazzito, che ha perso di vista la sua vera missione. Ogni visita è una prestazione; ogni prestazione è un ticket; ogni ticket garantisce il profitto per l’azienda sanitaria. E poco importa se non garantisce più la salute dei suoi cittadini. Poco conta se, nonostante tutto, quella stessa azienda, riesce ugualmente nella straordinaria impresa di avere un bilancio in perdita. Somme cospicue, che poi, guarda caso, verranno risanate attraverso le casse della Regione. Cioè noi. Che paghiamo due volte; per sentirci sempre più smarriti e confusi, di fronte a chi, come noi, in tutta evidenza, ha perso la ragione.

Alghero, 15 giugno 2017

Antonello Bombagi © Tutti i diritti riservati

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